lunedì 9 dicembre 2013

Libreschi

Eccoci ormai in prossimità della serata dedicata ai quattro dell'Ave Maria: Massimo Fagnoni, Fabrizio Carollo, il sottoscritto e Roberto Carboni.
Ci ho citati nel rigoroso ordine con cui ci esibiremo all'enoteca Divinis in vis del Battibecco mercoledì dalle 19.30 - 20.00, il tutto in virtù di sua maestà l'abbinamento vino-romanzo: prima i bianchi, poi i rossi. :-)
Immagino di cosa si parlerà: del mestiere dello scrittore coniugato ad un altro lavoro, quello che peraltro ci dà il pane da mangiare, si parlerà delle nostre passioni, dei nostri gusti e ovviamente dei nostri romanzi.
Ora starà a noi non renderla banale e uguale alle altre, l'obiettivo è gettare per terra un grano che col tempo cresca.
E crescerà.

giovedì 7 novembre 2013

Lavori in corso

Ciao a tutti, è da un po' che non ci si sente, vero?
Effettivamente questo è stato un periodo piuttosto intenso per me e se devo essere franco, scrivere tanto per scrivere (l'avevo anticipato nel mio primo post di questo blog) non è in cima alla mia lista dei desideri. Però, arrivati a novembre, credo che sia giusto fare il punto della situazione.

Tranquilli, non lo faccio solo per voi, ma anche per me stesso, visto che spesso mi dimentico a che punto sono.

Con i primi libri ormai consegnati ai posteri, ossia le autopubblicazioni 'Sprazzi di follia' e 'In cammino' (scritto con Antonio Zocchi) e il romanzo di debutto 'Lo specchio delle sue brame' scritto assieme alla "Matteo Galiazzo de' noantri", al secolo la nostra cara Emanuela Tumiatti, nel pentolone dei miei sogni (o sarebbe meglio dire incubi?) sta lentamente bollendo un bel po' di roba.

Andiamo con ordine:


  1. C'è un secondo romanzo all'orizzonte, è completo e già editato dall'agenzia letteraria che mi segue (la Son of a Book di Vincenzo Carcello e che ancora ringrazio) e attualmente in valutazione presso l'editore.
  2. Ho nel frattempo completato un terzo romanzo. Siamo ancora a una bozza piuttosto raw che i miei insostituibili uomini di fiducia stanno visionando (grazie mille a mia moglie Claudia, alla citata Emanuela e a Serena e Matteo, rispettivamente mia cognata e il mio fratello runner/blogger). Dalle prime notizie pare che non sia da buttare, ma ci dovrò ancora lavorare un po' prima di darlo in pasto all'agenzia.
  3. Con il gruppo teatrale Ten Teatro e assieme a un altro mio amico, anch'egli scrittore e blogger, Massimo Fagnoni, abbiamo posto le basi per adattare due nostri racconti e farne due pezzi teatrali. Diciamo che a primavera questo progetto dovrebbe spiccare il volo proprio come una rondine, staremo a vedere come andrà, confidiamo nel mestiere dei Graziano, regista e dominus della compagnia e nella bravura degli attori.
  4. Lo dico sottovoce... ma sto già scrivendo il quarto romanzo. Rispetto al secondo e al terzo, che sono difficilmente catalogabili come genere e che sono comunque, anche se in maniera diversa, legati all'universo narrativo de 'Lo specchio delle sue brame', questo nuovo romanzo avrà come protagonista la Rimini degli anni '60 e un ragazzino che proprio in quel decennio passerà dall'adolescenza all'età adulta attraverso una serie di vicende molto toccanti.
Basta!

Siamo a posto così... anzi, ci sarebbe anche una serata a cui stanno lavorando gli amici dell'Associazione Canto 31. Non c'è ancora niente di ufficiale, ma potrebbe essere una bella cosa. Segnatevi a matita l'11 dicembre.

Non si sa mai :-)

giovedì 17 ottobre 2013

Meditate gente, meditate...

Questa sera a Servizio Pubblico, su La 7, sarà trasmessa un'intervista alla regista e attrice bulgara Michelle Bonev. La notizia si è già sparsa, i cori di sorpresa e di scherno si stanno già levando: Francesca Pascale, la fidanzata di Berlusconi è lesbica.
Wow, notiziona.
Pare che il nostro ex-premier abbia confidato alla sopracitata e assai poco talentuosa attrice, che alla Pascale piacciono le donne.
Echicazzosenefrega?
La cosa allucinante è un'altra e il Berlusca, purtroppo, ce ne ha propinate fin troppe in questi venti anni.
Cerchiamo di capire come vanno le cose in Italia, ciò che segue mi ha fatto accapponare la pelle:

  1. Michelle Bonev è un'attrice regista bulgara con un pedigree piuttosto scarno e discutibile.
  2. Produce e interpreta una fiction "Donne in gioco" che passa in Mediaset vendendone poi i diritti alla RAI per un milione di euro. Tutto questo, a suo dire, per merito della generosa intercessione di Berlusconi e Masi.
  3. Non contento, l'allora Premier, le propone addirittura di vincere un premio alla Mostra del cinema di Venezia. Premio che puntualmente vincerà per l'intercessione dell'allora ministro Sandro Bondi.

Così si sovverte il senso stesso della socialità. 
Così si svuota il significato della parola 'merito'.
Cosa rimane a chi crede nel lavoro, nel sacrificio e nel talento? Cosa potremo mai insegnare ai nostri figli quando ci chiederanno il perché o il percome di qualsiasi cosa?
Dovremo indicare loro quella strada lì?
No, non voglio crederci, non può essere...


giovedì 26 settembre 2013

Into Darkness: Star Trek II

Non molte sere fa ho visto l'ultimo film della saga cinematografica di Star Trek.
Il dodicesimo in assoluto ma, come ricorda il titolo, il secondo della nuova versione, quella ideata e prodotta da JJ Abrams, l'ideatore di Lost e prossimo padrino della terza trilogia di Star Wars.
Breve vademecum per i più distratti: La serie classica, quella con Kirk-Shatner, Spock-Nimoy ecc ecc era nata come telefilm all'inizio degli anni 60 e, dopo tre stagioni era stata bruscamente cancellata, salvo poi nascere a nuova vita con ben sei pellicole cinematografiche ad alto impatto.
Ciò che caratterizzava la serie classica era il valore metaforico delle varie puntate, lì si parlava dei concetti più profondi e dibattuti della società del tempo (dibattuti anche oggi, del resto) e dei valori fondanti dell'umanità: l'amore, la morte, la fratellanza, l'amicizia, la fedeltà, il tradimento, l'odio, la paura del diverso, la morale e l'etica.
C'erano molti aspetti filosofici pur senza avere la pretesa di insegnare alcunché, perché, in fondo, si trattava di fantascienza (genere da sempre visto come un ghetto per stupidi sognatori) e invece...
Invece col tempo quella di Star Trek è diventata Filosofia, con la F maiuscola, ha influenzato anche la NASA in sue diverse iniziative e ha creato una vera e propria rete di adepti in tutto il mondo: i trekkies.
Furono i trekkies, numerosissimi ovunque a mantenere vivo l'interesse per la serie televisiva degli anni 60, e fu da questo interesse che nacquero i film e le successive serie TV, che diedero a loro volta vita ad altri quattro film fino a che non parve a tutti quanti che l'universo di Star Trek dovesse finire.

Per poi ricominciare.

Nuovi attori, la storia si reinventa in un nuovo continuum temporale (benedetti viaggi nel tempo!) e tutto si riscrive, rimanendo fedeli al passato (o al futuro?) e inventando nuovi mostri, nuovi nemici.
Grandi budget, incassi stratosferici, tutto aggiornato ai giorni d'oggi, ma un problema di fondo che rimane: non è Star Trek.
Se è vero che i dialoghi tra i membri della nave, Kirk, Spock, McCoy (fantastico Karl Urban), Scotty, Uhura, Sulu e Chekov, si mantengono brillanti e a volte esilaranti, mi sembra che manchi la profondità, la sostanza che ti faceva dire, "Questo sì che è un vero Star Trek!"

Il mio Star Trek preferito fu L'ira di Khan, che con questo Into Darkness ha diverse attinenze (e qui smetto di spoilerare), ma riguardandoli, pur apprezzando il salto tecnologico di quest'ultimo, non posso fare a meno di rimanere ancorato alla storia e al pathos dell'Ira di Khan e delle sue iperboli, delle sue citazioni shakespeariane e a Ricardo Montalban-Khan che, morente, grida: "No, no, non puoi sfuggire. Dal cuore dell'inferno io ti infilzo...in nome dell'odio, io sputo il mio ultimo respiro su di te."

Fantastico!


mercoledì 25 settembre 2013

La Costa Discordia

La scorsa settimana abbiamo assistito al raddrizzamento della Costa Concordia, la celeberrima nave da crociera naufragata lo scorso anno grazie alle sapienti manovre del Capitano Schettino.
Lo ammetto, mi ha colpito il risalto dato a livello mediatico alla cosa (anche a livello internazionale parrebbe), ma quello che non solo mi ha colpito, ma mi ha veramente indignato, è stato il coro di peana nei confronti dell'Italia levatosi da tutto l'establishment della politica italiana.
Giusto per citare i più rappresentativi:

Letta: "Abbiamo mostrato al mondo cosa può fare l'Italia"
Alfano: "La positiva conclusione delle operazioni sulla Costa Concordia e' un grande risultato..."

Ecco, grande, bene così, raddrizzata la nave, grandi feste e pettorali in mostra, ma questa vicenda assomiglia sempre più alla metafora dei giorni nostri. Con i nostri politici nei panni maldestri e criminali di Schettino e la nostra povera Italia nei panni della mastodontica nave naufragata.

L'operazione del raddrizzamento della Concordia è stata, per fortuna, a carico della Costa Crociere e della sua compagnia d'assicurazione: 600.000.000 €. E' stata diretta da tale Nick Sloane, senior salvage master sudafricano aiutato da un team internazionale di esperti. E poi c'è stata la collaborazione logistica della Protezione Civile che ha messo in campo mezzi, uomini e logistica.
Ma io continuo a chiedermi, di cosa c'è da essere orgogliosi?
Di aver raddrizzato una nave?
Intanto a Venezia, e non solo, assistiamo sempre più spesso ad 'inchini' via via più pericolosi, allora mi chiedo: "A quando una nuova tragedia del genere?"
Intanto la politica, cosa fa, a parte unirsi nelle sbrodolanti lodi all'Italia.
E' divisa su tutto: abbiamo una maggioranza divisa, un partito di maggioranza diviso al proprio interno. Tutti si rinfacciano tutto: ultimatum, diktat, auspici, aut aut, minacce di crisi, richieste di grazia e salvacondotti.
Lo fanno da sempre, ma fa parte del gioco, perché sanno di non essere in grado di raddrizzare questa nave, così fanno sì che l'orchestra continui a suonare la solita musica fatta di arpeggi stonati e di strimpellii senza senso. Sperano di sfinirci, sperano che farci vedere la luce allevierà le nostre pene, ma qui si continua a morire, a morire di lavoro e della sua mancanza, a morire di malavita e di violenza domestica.
E chi vive, sempre più spesso sopravvivere.
Le scialuppe ormai non ci sono più, le hanno prese i soliti noti.
Non è questo il mondo che voglio, spero solo di salvarmi dal naufragio, perché già vedo gente accanto a me che precipita in mare.
Allora tengo duro, come tanti, come troppi.


domenica 18 agosto 2013

22/11/'63

Il titolo del penultimo romanzo di Stephen King potrebbe sembrare una data come un'altra, anzi, volendo abbracciare un contesto più ampio, si potrebbe dire che l'ennesimo romanzo sfornato dal Re del brivido potrebbe indurre a pensare all'ennesima variazione sul tema kinghiano.
Diciamolo con sincerità: gli ultimi romanzi di King, se paragonati a quelli sfornati fino a inizio anni novanta, appaiono come una stanca rielaborazione di idee e concetti già ampiamente trattati con i romanzi precedenti. Come si possono dimenticare Carrie, Cujo, IT, L'ombra dello scorpione, La metà oscura, Christine, Misery (il mio preferito), Pet Sematary? E d'altro canto,vi sono sembrati memorabili L'acchiappasogni, Buick 8, Cell, Duma Key e La storia di Lisey?
No.
Risposta univoca: tanto erano memorabili i primi quanto pallidi gli ultimi.
Ma poi la vita riserva sempre delle sorprese ed ecco che un giorno del novembre del 2011 mi compro il romanzo che dà il titolo a questo post e ne rimango totalmente folgorato.
La storia: Jake Epping è un insegnante di lettere in quel di Lisbon Falls, Maine. Un giorno riceve la telefonata del suo amico Al, gestore della sue tavola calda preferita. Al non sembra stare bene, gli chiede di potergli parlare ed effettivamente, quando lo vedrà lo ritroverà improvvisamente invecchiato, emaciato. Al gli svela un segreto: nella dispensa della tavola calda c'è un passaggio temporale che conduce dritti dritti al 1958.
Voi cosa fareste se poteste tornare nel 1958?
A parte piazzare qualche scommessa, s'intende...
Al ad esempio ha un piano: sventare l'assassinio di Kennedy, ma lui non potrà più portarlo a termine, perché nel frattempo si è ammalato di tumore. Ora toccherà a Jake raccogliere il testimone, ma se la sentirà di prendere questa patata bollente?
Salvare Kennedy cosa comporterà?
Sarà possibile cambiare il corso degli eventi? Oppure il destino è un'immutabile monolite solo da ammirare?
Romanzo fantastico, in tutti i sensi: King stravolge il concetto di viaggio nel tempo inventando il reset, ossia, ogni volta che si fa ritorno a casa, se si varca nuovamente il passaggio temporale ci si ritrova esattamente alla stessa ora, nello stesso giorno, del 1958. Non esistono altri sé stessi come in Ritorno al Futuro parte II, qua tutto si azzera ad ogni viaggio. In più, abbiamo il King narratore a tutto tondo, in forma splendida, perché il Re non è solo horror o fantasia, ma anche amore, ricordi e sentimenti.
Amo questo romanzo, lo metto tra i primi tre in assoluto del Re e sono felice di aver trovato in questo libro molti argomenti che caratterizzeranno i miei due prossimi romanzi.
Un consiglio, leggetelo e capirete la differenza tra la miriade di cartaccia che ci rifilano e un romanzo coi fiocchi.
Postilla: per chi ha avuto la costanza di leggere IT e se lo ricorda bene... ad un certo punto salterete sulla sedia!
King ai massimi!

domenica 28 luglio 2013

La casa nera

Ci sono notti in cui manderesti tutto in malora, magari perché hai nello stomaco una pizza che ancora lievita come uno schifoso blob in fermentazione, oppure perché, nonostante le finestre spalancate, ti rigiri nel letto senza prendere sonno per il troppo caldo, annaspando nel tuo sudario di personale (in)sofferenza.
Sono notti interminabili, fai la spola tra il frigorifero (in cui ogni tanto, bisogna ammetterlo, indugi col viso proteso a cercare un minimo di refrigerio) per un fresco bicchiere d'acqua e il bagno (che per questioni fisiologiche segue sempre la visita in cucina).
Poi provi a dormire, a volte ci riesci, altre no. Allora cedi, ammetti la tua sconfitta personale e te ne vai in sala; chissà che la tv non concili un sonno che proprio non ne vuole sapere di arrivare.
Ed ecco che accendi, primo canale, niente.
Secondo, terzo... film cecoslovacco del 1934 (wow, fantastico...) inizi a pensare che rimettere il culo sul materasso umidiccio che ti sei appena lasciato in camera non sia così male, ma poi, continuando a fare zapping, arrivi su Rai4, e lì ti imbatti in un film che sa di antico, come un vecchio amico che non vedi ormai da anni.
E' ciò che è successo qualche notte fa, quando mi sono rimbalzate davanti agli occhi le immagini de "La casa nera", splendido film di Wes Craven (il papà di Freddy Krueger e della tetralogia Scream) con protagonista una famiglia di pazzi degenerati.
"La casa nera", il cui titolo originale "The people under the stairs" è assai più efficace, narra la storia di un ragazzino di colore con la madre malata di cancro. L'america è quella dei tempi moderni (il film è del '91) in cui esistono ancora città e sacche di sottocultura in cui essere nero è una condanna. La sua famiglia non ha soldi per le cure (che probabilmente la salverebbero) e vive una casa dalla quale il padrone (altrettanto probabilmente un bianco, c'è da giurarci) li vuole cacciare al più presto. Così, un giorno, un amico di famiglia, con il vizio del furto con scasso, lo coinvolge in un piano a prova d'errore: svaligiare la casa di una coppia di ricchi bianchi senza cuore.
Quando la gang dello scasso (sono in tutto tre persone, oltre al ragazzino e all'amico di famiglia c'è anche un cazzaro senza arte né parte) riuscirà ad entrare in casa si pentirà amaramente della scelta: inizierà un incubo senza fine, perché in quella casa non sono soli.
Non voglio raccontarvi troppo della trama, perché ci sono continue scene che fanno saltare sulla sedia e capaci di regalarvi (finalmente!) autentici brividi di trepidazione e paura (se non di puro panico). Alla fine del film rimane un'ora e mezza trascorsa in silenzio, con gli occhi fissi su ciò che avviene in quella casa, ammirando ciò che appare più un'acuta e graffiante metafora della società contemporanea piuttosto che il solito film horror.
Titoli di coda...
... e finalmente dalle finestre arriva l'agognata brezza della notte.
Buona notte a tutti...

lunedì 15 luglio 2013

Lo specchio delle sue brame

Eccoci giunti al terzo libro, il primo romanzo, scritto tra l'altro assieme alla mia socia Emanuela Tumiatti.
Lo specchio delle sue brame è un libro atipico (lo so, così dicendo corro il rischio di apparire come tutti quegli scrittori che attribuiscono alle loro opere un grado di innovazione e di unicità tali da poterli considerare capolavori inarrivabili), un giallo misterioso che si spande nel territorio del noir.
L'idea nacque nel 2010: avevamo all'attivo solo alcuni racconti (In cammino infatti è stato scritto dopo 'Lo specchio...') e una gran voglia di scrivere qualcosa che andasse al di là delle nostre abitudini e forse delle nostre possibilità (da lì l'idea del mutuo soccorso attraverso una scrittura a quattro mani). Così esposi a Emanuela quest'idea che avevo in testa: un uomo e una donna, un passato inconsapevolmente condiviso e un evento brutale che ancora oggi li condiziona nelle loro vite. Loro non si conoscono, ma sembra che il destino si stia mettendo in moto per farli incontrare e metterli di fronte a quel passato che li ha come 'interrotti'. Richard e Amanda, così si chiamano i protagonisti, sono persone con troppi problemi non risolti e le loro esistenze ne risentono in maniera pesante.
La storia si svolge attorno a questo evento brutale, un dramma che trova radici nell'infanzia dei protagonisti fino a deflagrare tragicamente nei loro vent'anni.
Qui non c'è la classica partita a scacchi con la logica, non c'è da smascherare il colpevole, l'arma, o il luogo del delitto. C'è il mistero di un passato nascosto, dimenticato, che un po' alla volta torna a galla, e presto si capisce che la ricerca non sarà tanto quella del colpevole, ma soprattutto quella delle vittime. Da lì si capirà il perché di ogni cosa, il perché dell'esistenza di Richard, il perché di quella di Amanda e soprattutto il perché il lutto che i due si portano dal passato non abbia permesso loro di avere una vita normale.
Oltre alla storia, nel libro ci sono un sacco di riferimenti espliciti e impliciti (a voi la sfida di trovarne il più possibile) alle nostre radici culturali sia letterarie che cinematografiche o televisive, e dei veri e propri omaggi a diversi generi di scrittura.
Scriverlo è stato molto divertente, ci abbiamo messo dentro tante cose, come in un sandwich ipercalorico e il risultato ci ha molto soddisfatto.
Non è un capolavoro, ci mancherebbe, ma è un libro che tiene compagnia e che si fa appoggiare sempre malvolentieri sul comodino... e a noi questo gratifica un sacco...
Buona lettura, se vorrete...

lunedì 8 luglio 2013

In cammino

In cammino è il mio secondo libro di racconti, è stato pubblicato nel 2011, sempre con la modalità dell'autopubblicazione tramite lulu.com. In realtà è più giusto usare la parola 'nostro' parlando del libro, perché l'ho scritto col mio amico di lunga data e compagno di mille avventure Antonio Zocchi: lui si occupava della poesia, io della prosa.
Sì, avete letto bene, poesia e prosa mescolate in un unico libro.
Diciamo subito che 'In cammino' è nato come testimonianza di un consolidato sodalizio che dura da oltre un quarto di secolo; ci sembrava bello poter suggellare questo rapporto con un qualcosa che lo testimoniasse concretamente, così ci era venuta l'idea, lui poeta di nicchia con all'attivo svariate pubblicazioni, io aspirante scrittore con molte idee e poco background, di creare un qualcosa che avesse un senso.
E 'In cammino' questo senso ce l'ha eccome.
Perché questa non è una semplice raccolta di racconti intervallata da alcune poesie, bensì è un'opera ambiziosa (magari anche troppo) che esplora le virtù e i vizi dell'umanità attraverso un viaggio (di qui il titolo 'In cammino') letterario nello spazio e nel tempo.
In parole povere abbiamo voluto rappresentare un percorso, ideale e non solo, dalla costa est a quella ovest degli Stati Uniti. Non un viaggio tutto d'un fiato, ma una serie di storie a sé stanti slegate dalle altre, ambientate in tempi diversi e con protagonisti sempre inediti. Il percorso è lo stesso compiuto dai padri pellegrini quando colonizzarono l'America, alla ricerca di nuovi spazi, di opportunità e occasioni, in una parola, di libertà.
Partiamo da Boston, in cui le ombre della madre Europa sono pesanti come quelle della famiglia della giovane protagonista Amy coinvolta, nell'America puritana dei primi anni sessanta, in un triangolo amoroso col suo professore di lettere, poi passiamo per la cosmopolita New York, dove tutti si è soli in mezzo a tutti e dove circa cent'anni fa una ancor più giovane immigrata italiana, Speranza Corti, incontra per la prima volta lo sfarzo e la magnificenza della grande metropoli inconsapevole dell'atroce destino che l'attende.
Il terzo racconto passa per Washinghton, in cui un reduce del Vietnam cerca di ricostruirsi una vita tra un'insperata resurrezione e un'altrettanto inevitabile ricaduta.
A New Orleans, invece, nei primi anni del nostro nuovo secolo, troviamo Daniel, ragazzino di colore in una famiglia povera con la madre malata di tumore. Non sarebbe mortale, ma l'assenza di soldi è la vera condanna che mette il giovane Daniel di fronte a una sfida tanto pericolosa quanto potenzialmente lucrativa: beffare una bisca clandestina grazie alle sue mostruose capacità mnemoniche.
Nel tragitto vero ovest ci fermiamo anche a Douglas, Arizona, proprio al confine del Messico. Douglas, polverosa e poco significante cittadina di frontiera, è la casa e il mondo di Rebecca, poliziotta di frontiera nei primi sessanta, una delle pochissime donne emancipate di allora, schiacciata da una vita che non le somiglia affatto e abbagliata da un fatto totalmente imprevisto, l'amore con un giovane immigrato clandestino.
Il sesto racconto fa tappa a Las Vegas, la città dell'ostentazione e dell'apparire. Il racconto più graffiante e cinico dell'intero libro, un omaggio a CSI alla vigilia del 21/12/2012, la famosa 'fine del mondo' dei Maya.
Poi, finalmente arriviamo a Los Angeles, dove un giovane ragazzo della provincia americana giunge dal Nebraska con pochi soldi e il cuore colmo di speranze: vuole fare la rockstar, ma imparerà che nella città degli angeli non tutto è oro quel che luccica.

In queste sette storie e nelle poesie che le collegano, c'è molto della condizione umana: l'amore, la speranza, il dramma, la guerra, la ribellione, l'innocenza e la sua perdita, la perfidia, la superficialità. C'è tutto ciò che ci caratterizza ancora oggi e non importa se queste sette schegge (peraltro ambientate in contesti storici REALI e fedelmente descritti) sono ambientate chissà dove e chissà quanto, perché, amici che mi leggete, i protagonisti di queste storie, potremmo essere anche tutti noi, domani, dopodomani o, perché no, anche oggi stesso.

Buona lettura.

PS: a fine agosto, attorno al 27 o 28, saremo a tetro al Costarena con una serata speciale dedicata a questo tributo all'amicizia tra me e Antonio a cura della compagnia TEN teatro sotto la sapiente guida di Graziano Ferrari e sicuramente avremo modo di parlarne in maniera più diffusa e precisa tra qualche tempo.
Sarà una grande serata...
Perché dico che sarà una grande serata? Perché 'In cammino' è un grande libro.

mercoledì 3 luglio 2013

Val di Fassa Running 2013

L'avevo detto: questo è un blog letterario ma non solo, oggi infatti parlo della Val di Fassa Running, giro podistico a tappe che ogni anno, attorno a fine giugno, schiera oltre quattrocento appassionati da tutta Italia, ognuno alla ricerca di qualcosa.
Un qualcosa che può essere una vittoria contro gli altri, ma ancor prima contro sé stessi, oppure può essere puro e semplice divertimento, voglia di evasione in mezzo a un panorama che ti rapisce insieme a coloro che condividono con te le passioni più solide, circondati dalla famiglia e magari anche da alcuni amici 'malati' come te.
Ciò che cerchiamo, là lo troviamo tutti, immersi nella fatica di una corsa probante (60 km in 5 giorni di corsa, con un solo giorno di pausa a spezzare il ritmo della gara) e alleviati dalla lontananza dal quotidiano, dalle magagne dell'ufficio o dalle bollette da pagare.
Siamo in vacanza!
Ma fatichiamo.
"Chi te lo fa fare?" mi chiedono in molti.
Non esiste una risposta che non sia incredibilmente scontata, come la domanda del resto, soprattutto per chi come me ha già affrontato quattro volte questa gara (completandola tre), perché correre è già di per sé una condizione mentale, non un semplice atto.
Immaginatevi centoventi anni fa se avessimo detto a una persona che il futuro sarebbe stato popolato di milioni e milioni di veicoli a benzina o elettrici capaci di trasportarci senza troppi impacci in giro per il paese: niente carrozze, niente treni, ma anche niente chilometri di marcia per raggiungere la scuola o il mercato del paese. Avrebbe sgranato gli occhi e desiderato di trovarcisi all'istante, pur di non dover più sorbirsi interminabili e scomodi spostamenti quotidiani.

Oggi abbiamo le automobili, gli scooter e tutto il resto, però alcuni di noi corrono. Iniziano nei modi più svariati, per buttare giù la pancetta, per tenere sotto controllo la pressione, per sfogarsi un po', perché più economico di una ipertecnologica palestra, poi continuano, perché il richiamo della corsa è così: un sussurro che quasi non comprendiamo, antico ma sempre presente, un alito che ci spinge anche a uscire di casa alle 5.40 del mattino per correre e arrivare in tempo in ufficio freschi e profumanti di docciaschiuma, un refolo che ci spinge a provare l'ebbrezza della maratona e, appunto della corsa in montagna.

E qui la corsa diventa qualcos'altro ancora, un'esperienza che l'imponente natura che ti circonda avvolge in un'aura mistica che ci accompagna nella fatica, come ci accompagnano i volti stravolti di chi condivide con noi le irte salite e le discese vertiginose che solo la montagna è in grado di regalare. I momenti prima della partenza, l'eccitazione mischiata ad una stanchezza che tappa dopo tappa va a mordere i nostri muscoli di corridori dilettanti, poi la gara, lo sforzo, sempre attenti a non scoppiare, sempre con qualcuno che va più lento di noi, più veloce, oppure che segue il nostro passo. Ed ecco che allora parte il film, quello in cui tutti si è attori coprotagonisti, perché tutto ciò che si vive lo si vive allo stesso modo; il primo come l'ultimo in classifica.
E le montagne sono lì che ti osservano e ti sorreggono, regalandoti scorci di natura incontaminata e panorami da paradiso.
E allora, come sei partito, arrivi. Stanco, acciaccato, stremato, ma arrivi. E tutti ti accolgono come il vincitore, come fanno anche quei pazzi della Gang dell'Umbria durante la gara a chi, man mano, li sorpassa, incoraggiandoci sempre a tener duro e a guardare avanti. E non importa quanto ci si mette, il piazzamento, perché l'essenza della corsa non è tanto chi la vince (gli albi d'oro bisogna pur redigerli e consegnarli a futura memoria) ma il fatto che c'è, che ci siamo tutti noi.

Infine capita anche l'evento che non ti aspetti: oltre trenta centimetri di neve all'ultimo traguardo, quello del tappone, quello dell'arrivo in salita. Quest'anno è stato al Lusia, quota 2.000 metri con gli ultimi tre chilometri percorsi in un paesaggio invernale, superando, venendo sorpassati, condividendo la propria solitudine con i monti, con la nebbia, col gelo e con chi, in quegli istanti, solo per il fatto di incrociare uno sguardo, diventa un tuo fratello.
Si è stanchi, ma le gambe vanno, il fiato regge, l'odore di un ricordo destinato ad essere indelebile ci pervade i sensi inebriandoci, spingendoci oltre quegli ultimi chilometri di freddo e salita fino al traguardo e oltre...

Cosa resta di tutto ciò?
Una medaglia, un pettorale sgualcito, alcune fotografie che ti ritraggono con smorfie improbabili, il ricordo flebile di una fatica immane e quello vivido di una settimana da sogno.
Tutto decanta e sedimenta, diventando roccia indistruttibile nella nostra mente.

"Non è meglio una spiaggia assolata e tanto ozio?"
Sì, non è malaccio... ma questa è un'altra cosa, non una semplice vacanza, non una semplice corsa, perché mentre nel mare tu ci entri dentro, è la montagna a entrare dentro te, per sempre.


lunedì 1 luglio 2013

Sprazzi di follia

Come scrittore sono un esordiente o quasi, non ho (e forse non avrò mai) pile e pile di romanzi scritti e pubblicati, ma qualcosa di carino di mio lo si può leggere cercando un po' in internet o nelle biblioteche in giro per Bologna e dintorni.
La mia prima pubblicazione in assoluto è appunto 'Sprazzi di follia', un libretto autopubblicato, un'ottantina di pagine lungo le quali si dipanano sei storie molto diverse tra loro, per natura e anche per stile.
Una piccola infarinatura sui racconti:

  1. 'La storia dell'Alpen Thedy' è un racconto macabro, un omaggio a Shining del maestro Stephen King. Una sera di quindici anni fa stavo passeggiando con mia moglie nel silenzio di un paesino di montagna e ci ritrovammo nei pressi di un albergo abbandonato, in passato era stato cosi sfarzoso quanto a noi appariva fatiscente e desolato. La storia vera parla di suicidi, incendi e altre sventure, ma quella notte, passeggiando sotto una placida nevicata, mi era parso di scorgere una luce provenire da una delle finestre dell'ultimo piano. Suggestione? Sì, solo suggestione... forse.
  2. 'A Clara' è un omaggio ad una persona che non c'è più. Una cara persona, una nonna che finisce la sua vita e si ritrova nel suo paradiso, in ciò che la sua vita le aveva regalato di più bello. Insieme ai suoi cari, nei posti più amati, per sempre.
  3. 'Con la morte nel cuore' è il racconto più breve; un dramma che vede una donna scissa tra il ricordo di un'amica che non c'è più e l'amore per il suo uomo rimasto vedovo. L'amore visto come colpa, ma la convinzione che la vita continua e deve continuare al meglio, nonostante il dolore che proviamo.
  4. 'Per un bicchiere di bonarda' è un racconto fuori di testa, onirico e folle. Fa parte anche dell'antologia 'Il vino e la sua magia' edita da Estroverso. Qua il bicchiere di bonarda non è altro che un vettore verso la perdita del controllo tra ciò che è reale e ciò che reale non è. Un'ubriacatura nell'io narrante che, spaesato, si trova a dare significato ad una vita che non è più in grado di riconoscere.
  5. 'Sinfonia a Dio'. Era un motto di Brian Wilson, il leader dei Beach Boys; era una sua ossessione. E anche il protagonista del racconto, musicista baciato dal talento e poi caduto in disgrazia, cerca di realizzare questa melodia inarrivabile e, perciò, impossibile da riprodurre. Esiste solo nei sogni, comporla con un comune pentagramma non è possibile, prova e riprova, ma una notte...
  6. 'Il cerchio' ovvero l'anima del libro, lungo quasi come tutti gli altri racconti messi insieme. Stefano e Annabel sono due bambini, s'incontrano in un magico 11 luglio del 1982 (il giorno della finale dei mondiali di Spagna) e nonostante la giovanissima età nasce qualcosa di molto simile all'amore. Passano gli anni, si perdono di vista, ma il destino, di tanto in tanto, li porta ad incontrarsi, sempre in momenti delicati delle loro vite e memorabili per l'intera umanità.
Spero che vi piacciano le premesse di questi racconti. Non saranno capolavori, ma mi piacerebbe che voi li leggeste per parlarne un po' insieme. Amo molti di questi personaggi, soprattutto de 'Il cerchio' e vorrei sapere da voi se vi hanno fatto palpitare, sorridere, infuriare o altro.
Non vi chiedo di comprare il libro, per carità. Basta trovare la biblioteca vicino a casa vostra e il gioco è fatto, buona lettura amici miei.

venerdì 21 giugno 2013

Mi presento

Mi presento a tutti voi,

mi chiamo Nicola Arcangeli e da oggi sono anche un cosiddetto blogger. Se state leggendo queste righe probabilmente sarete stati indirizzati qua da qualche post di facebook o magari da alcune pagine che trattano temi letterari e questo è dovuto al fatto che sono uno scrittore.

Ehi, vi vedo...

... quel sorrisetto sotto i baffi che dice: "Scrittore quello lì? Ma si è ribaltato il mondo?"

Forse è proprio così, questa pagina vuole essere una vetrina sulla mia attività di scrittore, ma non sarà esclusivamente questo, parlerò di cinema, di televisione, di libri (da semplice lettore e appassionato), insomma, di tutto ciò che la realtà mi porrà dinnanzi.

Inizio ricordando i miei tre libri, il primo "Sprazzi di follia" e il secondo "In cammino" (scritto col compare di mille battaglie Antonio Zocchi) sono raccolte di racconti autopubblicate con lulu.com, poi abbiamo l'esordio nel romanzo con "Lo specchio delle sue brame" realizzato con la collega e amica Emanuela Tumiatti.

Nei prossimi giorni parlerò di ognuno di questi tre libri, ora devo preparare i bagagli per la montagna e ricordarvi che io ed Emanuela vi aspettiamo tutti quanti mercoledì 3 luglio alle ore 21.00 alla Festa dell'Unità della Cicogna a San Lazzaro di Savena per presentarvi, assieme alla nostra casa editrice Giraldi Editore il nostro perfido romanzo di cui siamo moooolto fieri.

A presto, state benone.

Nicola Arcangeli