giovedì 14 agosto 2014

Con i tuoi occhi

Qualche giorno fa ho finito di leggere 'Con i tuoi occhi' di Lorenza Ghinelli. Lorenza è una giovane scrittrice ma non solo: è un'artista a tutto tondo (si occupa anche di teatro e ha collaborato alla sceneggiatura per 'Il tredicesimo apostolo'), con un palmares piuttosto invidiabile: il suo romanzo d'esordio 'Il divoratore' è stato un vero e proprio caso letterario, il successivo 'La colpa' è stato finalista al premio Strega e 'Con i tuoi occhi' rappresenta il terzo romanzo.
'Con i tuoi occhi' è la storia di Irma e Carla, due ragazze diversissime, la prima cresciuta sulle colline di Rimini in una famiglia con un padre troppo assente, una madre trasparente e una famiglia di origini pakistane come governanti la cui figlia Maya diventerà una vera e propria 'cattiva' maestra di vita per Irma. Già da bambina Irma conoscerà cos'è il sesso e cadrà in una spirale buia e profonda. Carla è invece una bambina di Favignana, cresciuta in una famiglia premurosa, con un'amicizia splendida con Salvatore. Ma nella splendida isola delle Egadi il lavoro non c'è più e la bambina, con un problema visivo che non le permette di vedere i colori del mondo che la circonda, è costretta ad emigrare e a trasferirsi a Bologna con i suoi, un po' per curarsi, molto per volontà del padre.
Le bambine diventano adolescenti, poi giovani donne portandosi dietro i loro segreti, finché il destino, dopo averle fatte incrociare fugacemente nei loro diciassette anni, le farà incontrare nuovamente nella Rimini dei giorni nostri.
Sia Irma che Carla si portano dietro i segni della loro infanzia, la prima soprattutto i traumi, la seconda il dolore profondo per la separazione dall'amata Favignana e dall'amico fraterno Salvatore, per le tribolazioni della sua famiglia e per un segreto che si porta dietro.
Non si può stare indifferenti a questo romanzo: è un romanzo che colpisce come un pugno, che accarezza e che trasporta come una canzone. Fatto di momenti crudi e di altri struggenti. Un libro scritto col cuore in cui si intravvede l'anima dello scrittore. Un romanzo che consiglio a chi non ha paura di scoprire il male, lo squallore, la perdizione, perché è solo attraverso la consapevolezza di questi che si possono apprezzare il bene, l'amore e la felicità.
Mi ha molto colpito una frase che qui riporto: "E' chi amo a dirmi chi sono, e mai il contrario. Hai mai amato tu?"
Meditate gente, meditate.

venerdì 8 agosto 2014

Le sultane

Dopo aver letto l'adrenalinico 'Radiomorte' di Gianluca Morozzi e il crepuscolare e splendido 'Il silenzio della bassa' di Massimo Fagnoni ho deciso di passare a 'Le sultane' (Elliot Edizioni) dell'amica Marilù Oliva.
Per chi non lo sapesse, Marilù è un autentico vulcano: oltre che madre e moglie è insegnante di scuola superiore, collaboratrice di testate giornalistiche e scrittrice sopraffina.
Chi sono le sultane?
Sono tre donne, tre vecchie (uso il termine vecchia non a caso): Wilma, Mafalda e Nunzia.
Nel loro condominio di via Damasco a Bologna, vivono la loro esistenza tra partite a scala quaranta, pettegolezzi e poco altro. A quel punto della vita si tende a tirare le somme e per tutte e tre il risultato è assai inferiore alle attese, ma ha senso ribellarsi, ha senso aspirare a qualcosa di nuovo?
Apparentemente no.
Ma un giorno, una giovane vicina di casa un po' tamarra di nome Carmela, un paio di scarpe rosa un po' frivole di Wilma, il fidanzato senegalese della tamarra di nome Bubi, cinque birilli, la derisione, la rabbia e la follia innescheranno un meccanismo che darà il là ad uno dei libri più divertenti che ricordi. Ma non fatevi trarre in inganno: non è una commedia, o meglio, può essere vista come commedia se poi gli si appiccica un bel 'nerissima' accanto. E non finisce qua, perché i personaggi delle tre vecchie sono ottimamente caratterizzati e Wilma, Mafalda e Nunzia prendono magicamente vita, pagina dopo pagina, con i loro problemi, i loro rimpianti e la fatica di un'età che non ammette diritto alla felicità. Sono donne, madri e mogli sconfitte dalla vita, il ticchettare del tempo si fa sentire sempre più, relegandole in un microcosmo che si presterebbe anche ad una rappresentazione teatrale. E lì la complessità del microcosmo si espande come per magia, facendoci capire che non importa essere giovani e belli per amare, per sognare, per sbagliare, per passare il limite, per ravvedersi, in una parola, per vivere. Basta solo essere vivi, per quanto vecchi.
Applausi.